Siamo lieti di pubblicare il racconto di Rosa Gallo, la prima storia di coraggio e resilienza che ci tiene compagnia e ci fa riflettere in questa giornata di primavera “a porte chiuse”. Grazie Rosa!
Alice e la “quattro ruote”
Ricordo che la “magna Vigin” per farmi addormentare mi diceva: “guarda ca l’è na storia lunga,ma l’è propri bela, t’voti che t’la cunta?…. etc.”
E lo scrivo così come lo diceva, perché anche i dialetti non vanno dimenticati, altrimenti scompaiono.
Questa è una storia proprio bella e toccante.
Questa storia, è toccare con mano, anzi con una “quattro ruote”, chi di quella carrozzina non può farne a meno.
Alice, è una fanciulla felice e allegra, che fin da bambina aveva un debole per la scrittura. Un debole, per intenderci, molto forte. A leggerlo può sembrare un controsenso ‘debole ma forte’ invece è proprio così, forte. Come quello che hanno i bambini verso qualcosa, che quando lo
vogliono lo pretendono. Un bacio, un giocattolo, una carezza, così… ti prendono la mano e si fanno accarezzare.
Si concedono la libertà di volere e ottenere.
Concedersi, lo fanno soltanto i generosi e i bambini.
Lo fanno quelli non impegnati a difendersi.
Alice non lo sapeva, lo so io adesso che sto raccontando la sua storia, che “alice e la quattroruote” è stata per un periodo corto, anche se lungo, un pezzo della sua vita.
È nata nei mitici anni sessanta, quelli che da lì in poi c’era stata la ripresa economica, quelli che per i bambini di allora la merenda era “pane, burro e zucchero”.
Di quei giorni felici, un giorno, immerse nei racconti dei ricordi, ci tornò in mente “la fugassa” bella calda, quella bucosa, che ogni buco era olio d’oliva e sale, una goduria. In spiaggia la farcivamo con la marmellata di amarene, dolce ma brusca, a creare contrasto. Brusca come i momenti e dolce come la vita che li fa passare.
Alice, tra una frase scritta, un disegno colorato, l’oratorio, una partita a palla avvelenata con suor Franca, la più giovane dell’oratorio, è cresciuta e diventata mamma. I bambini le piacciono da sempre, tant’è che per un periodo ha fatto anche la catechista, per starci di più a contatto, perché stare assieme a loro era uno spasso. Quando diventò mamma, i suoi bambini divennero tutta la sua vita. Così, la bambina Alice, che bambina dentro è sempre rimasta, anche se il fisico ha preso le fattezze di una donna, da loro ha continuato a imparare, osservandoli.
Sicché, un giorno, Alice decise di scrivere libri per bambini, tutti disegnati, come quelli del catechismo dei suoi tempi. Figure semplici e frasi chiare, comprensibili.
Due di questi parlavano di disabilità, le conseguenze e gli ostacoli che un portatore di handicap trova nel quotidiano.
Così si è informata, documentata.
Ha chiesto pareri a chi lottava ogni giorno con quegli ostacoli.
Ha letto molto ed è anche andata a vedere i concerti di Ezio Bosso, del quale ricorda ancora adesso quell’intervista a un giornale figo, di quelli di tendenza, quelli che “la moda, la moda”, in cui alla giornalista rispose: “i titoli li scrivo tutti in inglese che fanno subito più fighetto”, una frase apparentemente normale, in realtà detta per sottolineare l’importanza della comunicazione, per mettere in grassetto quanta differenza c’è tra un cuore o le tendenze.
Così, anche lei, alcuni titoli di storie li scrisse in inglese e quando andava nelle scuole a raccontare i suoi libri ai bambini, glielo diceva… perché in inglese. Ezio Bosso è un grande e grande è l’insegnamento a non fermarsi mai difronte a nessun ostacolo perché, comunque sia, la vita è bella.
Alice aveva acquistato una carrozzina, si era seduta sopra e spedita sulla “quattro ruote” nuova si era avventurata ad affrontare la giungla… il paese, la città e i suoi ostacoli, le barriere architettoniche.
Era stremata al suo ritorno a casa.
Si era resa conto di quanto lavoro fosse stato fatto ma pure di quanto c’era ancora da fare.
Non soltanto nelle strutture, negli edifici, molto c’era da fare nell’educazione delle persone, per combattere l’ignoranza, il menefreghismo di quelli che: “ma si parcheggio qui, sul marciapiede, sopra l’unico scivolo che c’è per una carrozzina, che chissenefrega se non ci passa, l’auto è proprio davanti alla vetrina e se passa il vigile salvo la multa”.
I libri ebbero successo, tutti, pure quelli, anzi, quelli di più. Entrarono piano piano, in punta di piedi, in alcune scuole elementari, perché Alice lo sa che gli alberelli si devono far crescere dritti da subito, altrimenti resteranno “storti” per sempre.
Poi venne Natale, di un anno qualsiasi, uno come gli altri, un Natale normale. Durante le vacanze, assieme a tanti amici, con tutte le loro famiglie, decisero di andare in vacanza. Un premio meritato dopo un un’autunno pieno di lavoro e impegni, famiglia e casa, spesa e traffico, fretta e urgenza.
Il fato, il destino, il legame con quella “quattro ruote” che le aveva insegnato bene, come e cosa scrivere ai bambini per far sì che capissero, che comprendessero le difficoltà. Un incidente, apparentemente banale, in realtà grave, le ha fatto perdere l’uso delle gambe.
Da un secondo all’altro.
Alice, lei che il sorriso sempre, che è un un’ingrediente che non può mai mancare, ha provato a sorridere alla sorte, all’incidente.
La “quattro ruote” è diventata, come nei suoi racconti, l’unico mezzo per riuscire a muoversi.
Si perché, voi non avete idea della fatica che si fa sulla “quattro ruote”, buche, strade sconnesse con le ruote che restano incastrate dentro e poi muoversi da lì ci vorrebbe un carro attrezzi.
Che quando sei fortunata c’è chi la spinge, la “quattro ruote”, e chi non prova a spingerla non ha idea della fatica che si fa.
Alice voleva comprare qualcosa oggi, un quaderno per scrivere un nuovo libro. Sì un quaderno, che… prima in brutta e poi in bella, come diceva la maestra, e che quando è in bella continui a correggere perché hai paura che non si capisca.
Ma niente, non c’è riuscita a entrare nei negozi di quel piccolo paese non ci sono le rampe e le porte sono strette, la “quattro ruote” non ci passa, così non è riuscita ad entrare da nessuna parte.
Nel nuovo libro lo racconterò ai bambini, mi disse.
Una persona con una disabilità permanente come deve fare?
Forse, i commercianti non lo sanno, oppure non ci hanno mai pensato a prenderlo, a richiederlo al comune, lo scivolo, e nemmeno a far allargare le porte, forse non hanno mai provato il disagio che si prova a dover rimanere fuori.
Chiunque può diventare disabile da un momento all’altro e Alice, suo malgrado, ne è l’esempio.
Gli ostacoli non sono un problema di pochi.
Che poi, una pedana d’accesso per una persona in carrozzina è un gesto di inclusione permodificare in meglio la nostra società.
Tutto questo, sul libro, quello nuovo, diventerà un capitolo, ci scriverà pressappoco così: “se io fossi un negoziante vorrei poter fare entrare tutti nel mio negozio, sarei orgogliosa di poter dire ho trovato le scarpe giuste per una persona che le può indossare ma non le può usare. Sarei felice se quella donna potesse comprare un ombretto che la rendesse più bella, o se quell’uomo potesse scegliere un rasoio che non gli irritasse la pelle quando si fa la barba. Oppure se potessero comprare un libro, che racconti e risollevi il morale. Un libro che renda tutti, sin da piccoli, più rispettosi.
Alice sà che guarirà, che potrà lasciare la sua “quattro ruote” e si impegnerà, ancora di più per dire, gridare e scrivere, per comunicare ai sentimenti, per dare potenza alle parole, che non restino soltanto parole, perché le parole sono persone e non devono restare apparenza, devono diventare volontà, devono riempire i cuori di buon senso civico, persuadendoli.
Alice lentamente tornerà a camminare e ad andare nelle scuole, e a spiegare..
Alice già lo fa, di andare nelle scuole che la invitano, parcheggia la “quattro ruote” e armata di girello, vola spedita dai corridoi fin dentro le aule.